Una sentenza importante della Corte di Appello di Firenze, sezione Lavoro

il regime orario non è un dato neutro rispetto alla parità di trattamento fra lavoratrici onerate della cura familiare e i colleghi privi di questo fattore

Data:
16 Luglio 2025

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Ultimo aggiornamento:
16 Luglio 2025, 10:18

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L’orario di lavoro delle donne: in Toscana una sentenza importante

Riformando la sentenza n. 1127/2023 del Tribunale di Firenze, la Corte di Appello di Firenze – sezione lavoro – con sentenza n. 1 del 7 gennaio 2025 ha accolto le argomentazioni della Consigliera di Parità della Toscana che, soccombente in primo grado, ha presentato appello per un caso di discriminazione indiretta e collettiva riguardante un’Azienda avente molte sedi operative nell’ambito regionale.

Il Tribunale di Firenze nel 2023 aveva respinto la richiesta della Consigliera di Parità di dichiarare discriminatorio il comportamento aziendale nei confronti di alcune dipendenti, madri di figli minori o gravate da familiari bisognosi di assistenza.

La discriminazione era collegata all’orario di lavoro: la pausa pranzo era stata estesa di un’ora per tutti i dipendenti, con conseguente prolungamento dell’orario di uscita dagli uffici, fissato alle 18.30. Le richieste delle lavoratrici di poter utilizzare in modo ridotto il tempo di pausa pranzo, così da guadagnare un’ora in uscita per far fronte alle necessità materne e familiari, erano state respinte a livello aziendale: da qui il ricorso alla Consigliera Regionale di Parità.

La Corte di Appello di Firenze, con la sua sentenza del gennaio scorso, accogliendo le motivazioni esposte nel lungo e articolato ricorso della Consigliera, in primo luogo ha confermato la specifica competenza della stessa Consigliera a trattare questo caso di discriminazione indiretta e collettiva, in applicazione dell’art. 37 del D. Lgs. n. 198/2006.

Di seguito ha evidenziato che l’orario di lavoro incide sulle necessità e sulle possibilità di conciliare vita e lavoro. Soprattutto sulle donne ricadono – come dimostrano ampiamente sia i dati statistici, sia l’empirica osservazione della realtà sociale – le esigenze di cura e di accudimento familiare. Infatti è pacifico – scrive la Corte – che siano le lavoratrici ad essere “onerate dei compiti di cura dei figli minori e/o di accudimento di genitori anziani”.

Il riconoscimento di queste difficoltà costituisce un “fattore di protezione” previsto dalla disciplina antidiscriminatoria mediante specifiche tutele. La maggiore conciliabilità possibile tra gli orari di prestazione lavorativa e quelli di cura sicuramente apre alle lavoratrici migliori condizioni di parità di trattamento e pari opportunità.

A tal proposito la Corte ha richiamato la normativa europea e nazionale, affermando che “il regime orario di lavoro (quindi anche quello relativo alle pause intermedie) non è un dato neutro rispetto alla parità di trattamento fra lavoratrici onerate della cura familiare e colleghi privi di questo fattore”.

Perciò, riguardo al caso specifico, “ridurre il tempo complessivamente impegnato dal lavoro (orario di servizio + pausa pranzo) in favore del tempo residuo da dedicare alle necessità familiari, rappresenta il vero e proprio obiettivo di conciliazione vita/lavoro protetto dalla disciplina antidiscriminatoria e non una convenienza generica”. Tutt’altro che una “mera e personale comodità”, come invece ha sostenuto l’Azienda datrice di lavoro.

Una sentenza senza dubbio importante per le lavoratrici, soprattutto ricordando quante donne, divenute madri, abbandonano il posto di lavoro dovendo accudire i propri figli, come dimostrano i dati sconfortanti raccolti e periodicamente pubblicati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

(Gabriella Cecchi, Consigliera di Parità, Provincia di Arezzo)

In allegato:

Per altre informazioni:

sito della Consigliera di Parità della Regione Toscana: Consigliera regionale di parità – Regione Toscana

mktg@provincia.arezzo.it