Data:
30 Maggio 2023

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Ultimo aggiornamento:
30 Maggio 2023, 16:44

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Angelina Merlin, più nota come Lina, nacque a Pozzonovo, in provincia di Padova, il 15 ottobre 1887, in una famiglia numerosa della borghesia progressista: il padre era segretario comunale e la madre maestra. Anche Lina a vent’anni iniziò a lavorare come maestra a Padova fino al 1926 quando, essendosi rifiutata di prestare giuramento al fascismo, fu estromessa dall’insegnamento.

Nel 1919 si iscrisse al Partito Socialista Italiano e iniziò a collaborare al periodico “La difesa delle lavoratrici”, di cui in seguito assumerà la direzione, e al settimanale socialista padovano “L’eco dei lavoratori”. Nello stesso periodo conobbe il medico e deputato socialista Dante Gallani che sposerà nel 1933 e morirà tre anni dopo.

Nel 1924 le fu affidata la regia della campagna elettorale veneta, un incarico delicato e decisamente inusuale in un’epoca in cui le donne non avevano ancora il diritto di voto. In questa occasione stilò un rapporto dettagliato sulle violenze e illegalità perpetrate dagli squadristi e lo consegnò a Giacomo Matteotti che lo utilizzò per stilare il suo documentato atto di accusa al fascismo ormai al potere: fu proprio dopo il suo discorso in Parlamento che Matteotti fu rapito e assassinato.

Nel 1926, già schedata dal casellario politico centrale,lasciò Padova e si trasferì a Milano nel vano intento si sfuggire alla repressione, ma venne arrestata e condannata dal Tribunale speciale a cinque anni di confino in Sardegna.

Ottenuta una riduzione della pena nel 1929 tornò a Padova. Nel 1930 si trasferì a Milano, dove partecipò alla lotta antifascista e la sua casa  diventò un punto di incontri clandestini di dirigenti socialisti come Lelio Basso,  Sandro Pertini e Morandi.

Dopo l’8 settembre 1943 prese parte alla Resistenza e alla fondazione, con altre donne  antifasciste, dei Gruppi di difesa della Donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà.

Nel 1944 fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane (UDI) , di cui fu presidente nel 1947, nel 1949 e nel 1953. Il 27 aprile 1945 venne nominata vicecommissario alla Pubblica Istruzione nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) della Lombardia. Il 29 giugno fu chiamata a far parte della direzione nazionale del partito socialista, in qualità di responsabile della commissione femminile.

Il 2 giugno 1946 fu eletta all’Assemblea costituente nel collegio unico nazionale per il Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP). Alla Costituente fece parte della Commissione dei settantacinque, incaricata di redigere la bozza della costituzione repubblicana e partecipò ai lavori della terza sottocommissione sui diritti e doveri economico-sociale. In tale ambito sostenne che era compito dello Stato quello di rimuovere i problemi di ordine economico al fine di assicurare a tutti i cittadini la possibilità di crearsi una famiglia, tutelare la piena libertà della donna di dedicarsi a ogni tipo di lavoro e adempiere alla funzione sociale della maternità.

Angelina Merlin intervenne anche nella discussione sul diritto di proprietà e intrapresa economica, sostenendo che la proprietà privata doveva essere riconosciuta e garantita a tutti i cittadini dallo Stato.

Fu sua la proposta di inserire nel testo dell’art. 3 della Costituzione, che sancisce la parti dignità sociale e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la locuzione “senza distinzione di sesso”, tra i criteri di distinzione che non possono determinare discriminazioni di trattamento, parametro fondamentale per  impedire disposizioni legislative dal carattere discriminatorio nei confronti delle donne.

Nel 1948 fu eletta al Senato, insieme con tre altre donne, mentre nel 1953, alla sua seconda legislatura, sempre al Senato,  fu invece l’unica donna (“Si diceva che il Senato avesse una donna sola, ma una di troppo”, affermava); nel 1958, infine verrà eletta alla Camera, e qui farà parte della Commissione antimafia. Nel frattempo, però si consumò la sua rottura con il Psi, dove la sua intransigenza di militante appassionata e la sua inflessibilità con sé stessa e con gli altri le avevano procurato ostilità e inimicizie, e da cui uscì nel 1961, entrando a far parte del gruppo misto, dichiarando nel suo discorso di commiato di non poterne più di “fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo”.

Nella sua attività parlamentare dedicò tutti i suoi sforzi al miglioramento della condizione femminile e a portare in evidenza le problematiche del Polesine (miseria, emigrazione, malattie endemiche)Tra le proposte di legge presentate da lei possiamo ricordare quella per l’abolizione del carcere preventivo o la procrastinazione dell’inizio della pena per le madri, per l’introduzione del divieto di licenziamento per causa di matrimonio. 

Un’altra legge di grande civiltà, voluta con estrema determinazione dalla Merlin, portò alla cancellazione dai documenti anagrafici della dicitura «N. N.» (Nomen Nescio) che discriminava i figli di genitore non identificato.

Ma indubbiamente la sua fama è legata alla legge 75 del 20 febbraio 1958, con la quale veniva abolita la regolamentazione statale della prostituzione e si disponevano sanzioni nei confronti dello sfruttamento e del favoreggiamento della prostituzione: legge che ebbe un lungo iter parlamentare, durato addirittura dieci anni,  durante il quale emersero arretratezze culturali, ipocrisie e falsi moralismi, venne discussa in aula quasi sempre in seduta segreta perché si riteneva più opportuno e dignitoso  evitare una discussione alla presenza della stampa e del pubblico. Un iter che fu caratterizzato nelle aule parlamentari e nella stampa da attacchi ingiuriosi e pesanti sarcasmi all’indirizzo della Merlin. Era l’anticipo dell’accoglienza che sarebbe stata riservata alla legge, dopo la sua definitiva approvazione il 20 febbraio 1958 e l’entrata in vigore alla mezzanotte del successivo 20 settembre, un evento che segnò una svolta nel costume italiano.

Risultano particolarmente significativi, a questo proposito, i discorsi di inaugurazione dell’anno giudiziario che, ancora fino ai primi anni Sessanta, lamentavano il disorientamento dell’opinione pubblica per il dilagare della prostituzione sulle strade e invocavano l’abrogazione della legge Merlin.Il testo licenziato dal Parlamento risultò sensibilmente modificato rispetto allo schema originario presentato dieci anni prima, che prevedeva l’istituzione di centri di assistenza e di un corpo di polizia femminile per l’aiuto alle donne che intendevano abbandonare la prostituzione. Su questo terreno la M. si era già mossa promovendo il 16 febbr. 1950, insieme con le parlamentari democristiane Ida D’Este, Angela Guidi Cingolani, Maria Federici e Maria De Unterrichter Jervolino, il Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna (CIDD), di cui fu vicepresidente fino al 1963.

Consigliere comunale di Chioggia dal 1951 al 1955, la Merlin profuse grande impegno in favore delle popolazioni del Polesine, in particolare dopo la disastrosa alluvione del 1951, sostenendo la necessità della bonifica integrale del territorio. Fu eletta, il 25 maggio 1958, alla Camera dei deputati nella circoscrizione di Verona-Padova-Vicenza-Rovigo, con 7786 voti di preferenza, nella III legislatura repubblicana fece parte della commissione Igiene e sanità e, dal 14 febbraio 1963, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia.

Al termine della III legislatura decise di ritirarsi dalla vita politica attiva, ma non dall’impegno sociale, assumendo la carica di vicepresidente del Comitato nazionale per il referendum sul divorzio, nel 1974, allorché prese posizione a favore della indissolubilità del matrimonio. Angelina Merlin morì a Padova il 16 agosto 1979.

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